Rapporto Istat: per effetto Covid-19 “10mila nati in meno”, ma per shock su occupazione potrebbero nascere “sotto i 400mila bambini” nel 2021

“L’Italia è un Paese a permanente bassa fecondità. Il numero medio di figli per donna per generazione continua a decrescere dai primi decenni del secolo scorso”. Si va “dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi anni ’20” fino a raggiungere “il livello stimato di 1,43 per la coorte del 1978”. Questa la parabola discendente della fecondità in Italia, come registra il Rapporto annuale Istat 2020, presentato oggi a Roma, a Montecitorio.
“Il persistente calo della natalità si ripercuote soprattutto sui primi figli che si riducono a 204.883 nel 2018, 79mila in meno rispetto a dieci anni prima”, precisa l’Istat. Il calo dei nati è in larga parte dovuto agli effetti “strutturali” indotti dalla significativa modificazione della popolazione femminile in età feconda. L’effetto strutturale incide “per il 67% sulla differenza di nascite osservata nel periodo”. La restante quota dipende invece “dalla diminuzione della fecondità da 1,45 figli per donna a 1,29”.
Secondo il Rapporto, “la rapida caduta della natalità potrebbe subire un’ulteriore accelerazione nel periodo post-Covid. Recenti simulazioni, che tengono conto del clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021”.
Non solo: “La prospettiva peggiora ulteriormente se agli effetti indotti dai fattori di incertezza e paura si aggiungono quelli derivanti dallo shock sull’occupazione. I nati scenderebbero a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021”.
Ma “il numero di figli effettivo che le persone riescono ad avere non riflette il diffuso desiderio di maternità e paternità presente nel nostro Paese. Sono solo 500mila gli individui tra i 18 e i 49 anni che affermano di non avere la maternità/paternità nel proprio progetto di vita”.
A fronte di una fecondità reale in costante calo dal 2010 che riporta l’Italia agli stessi livelli di 15 anni fa, “resta fermo a due il numero di figli desiderato, evidenziando uno scarto tra quanto si desidera e quanto si riesce a realizzare”. Il modello di fecondità ideale è “omogeneo” a livello territoriale. “Ben il 46,0% delle persone desidera avere due figli, il 21,9% tre o più. Solo il 5,5% ne desidera uno mentre un quarto è indeciso sul numero”.
Il desiderio di avere figli è elevato anche “dopo i 40 anni. Sono 830mila gli over40 che non hanno figli ma intendono averne (pari al 12,1% tra i 40 e i 44 anni e al 4,2% nella classe di età successiva)”.
Nel 2017, “78.366 coppie si sono sottoposte alla procreazione medicalmente assistita che ha dato luogo a 18.871 gravidanze”. Tra il 2010 e il 2017 il numero di coppie che hanno fatto ricorso alla Pma è aumentato del 12%, il numero di gravidanze ottenute del 24% e il numero di nati vivi del 12%.

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