Nel mondo sono oltre 40 milioni le vittime di tratta o sfruttamento, costrette di fatto in condizioni di schiavitù, e ben 1 su 4, ossia 10 milioni, è minorenne. Di queste, 20.500 vittime nella sola Europa. La crisi Covid-19 ha spinto lo sfruttamento sessuale dei minori dalle strade all’interno delle case e on line. È perciò aumentata “la richiesta di servizi erotici on line, in video-chat o webcam durante il lockdown”. Con un boom della pedopornografia anche in Europa. Sono alcune delle stime e analisi contenute nella X edizione del rapporto “Piccoli schiavi invisibili” di Save the children, pubblicato alla vigilia della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani che si celebra il 30 luglio. Secondo Save the children l’emergenza Covid-19 ha trasformato alcuni modelli tipici della tratta e dello sfruttamento dei minori: “I gruppi criminali dediti allo sfruttamento sessuale sono stati ovunque rapidissimi nell’adattare il loro modello operativo attraverso l’uso intensivo della comunicazione on line e dello sfruttamento nelle case, ‘indoor'”. Il lockdown ha limitato infatti gli spostamenti e la possibilità per le vittime di incontrare altre persone, trovare aiuto o fuggire. Con la chiusura delle scuole – in molti casi nel mondo sono l’unica occasione di un pasto quotidiano garantito – “moltissimi bambini sono andati in strada in cerca di cibo o di reddito esponendoli al rischio sfruttamento o di diventare vittime di traffico, mentre ha iper-esposto al mondo digitale tanti altri accrescendo il rischio di finire vittime dell’adescamento dei predatori sessuali della rete”. Secondo la Commissione europea la domanda di materiale pedopornografico sarebbe aumentata durante il lockdown fino al 30% in alcuni Stati membri dell’Unione. Secondo i profili dell’Europol, inoltre, il 30% degli offender che sono in possesso di materiale pedopornografico e attivi negli scambi on line e nella darknet è anche coinvolto direttamente nelle azioni di coercizione ed estorsione sessuale che coinvolgono i minori. L’organizzazione, che con il suo progetto “Vie d’uscita” combatte da anni il fenomeno, rileva come l’emergenza Covid-19 abbia “messo a rischio i percorsi di fuoriuscita e autonomia delle vittime, a causa della crisi occupazionale dei settori principali di impiego delle ex vittime di tratta”.
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