Ogni anno sono 400 o addirittura 500 le donne in Polonia che perdono la vita a causa della violenza domestica: lo ricordano i media polacchi in occasione della mozione del ministro di Giustizia Zbigniew Ziobro in merito alla rinuncia della Polonia all’adesione alla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Ziobro ha sostenuto che la Convenzione contenga dei dettami “a carattere ideologico contrari alla Costituzione polacca” che promuove i valori della famiglia tradizionale.
Urszula Nowakowska, direttrice del Centro polacco di diritti delle donne, sottolinea tuttavia che il dato fornito sulle donne uccise sia solo una stima a causa delle statistiche non sempre sufficientemente dettagliate. Le vittime di violenza familiare sono soprattutto preoccupate che l’annunciata nuova legislazione in materia, svincolata da regole della Convenzione, possa considerare trascurabile ogni primo caso di violenza domestica, avviando i meccanismi di tutela della donna solo a partire dalla seconda segnalazione agli organi competenti di atti violenti. Nel 2019 in Polonia sono stati oltre 166mila i casi di violenza in famiglia registrati dalla polizia o da testimoni diretti, con il corrispondente avviamento delle procedure di verifiche e successivi controlli, regolamentate in una cosiddetta “Scheda blu” che segnala alle autorità competenti la presenza del fenomeno nell’ambito di un nucleo familiare. I sostenitori dell’uscita della Polonia dalla Convenzione di Istanbul citano tali procedure come esempio che la legislazione nazionale sia ampiamente sufficiente per combattere la violenza in famiglia e come prova che non ci sia bisogno di aderire agli accordi internazionali, per altro non ratificati da Paesi come Ungheria, Bulgaria e Slovacchia.