Il rapporto tra Federico Fellini e la Chiesa è “fatto di momenti di apprensione o persino incomprensione, ma anche di aperture e di sguardi di senso”. È quanto scrivono Massimo Giraldi e Sergio Perugini, rispettivamente presidente e segretario della Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei, nell’ebook “Il cinema di Federico Fellini. Una lettura pastorale tra passato e presente”, pubblicato in occasione del centenario della nascita del grande regista riminese. Si tratta, precisano gli autori, di “una lettura che necessariamente deve tener conto delle coordinate temporali e degli snodi della Storia, quelli del Paese, con i suoi cambiamenti a livello politico, socio-culturale e mediale, così come quelli all’interno della Chiesa stessa”: il rapporto tra il cinema di Fellini e la Chiesa, quindi, “nel tempo è stato rivisto, ampliato, arricchito, nel segno non di una revisione della Storia bensì di una ricalibratura dello sguardo alla luce sì della Storia e dei suoi tornanti”. Il caso del film “La dolce vita”, come del resto anche i film di Pier Paolo Pasolini sempre negli anni Sessanta, scrivono Giraldi e Perugini, “hanno rappresentato momenti di difficile dialogo tra Chiesa e cinema in un decennio in verità di grandi possibilità”. Gli anni Sessanta, infatti, “segnano una congiuntura favorevole, di dialogo e inclusione”, come testimonia la straordinaria accoglienza tributata al film Il Vangelo secondo Matteo (1964) dello stesso Pasolini , vincitore del premio cattolico internazionale Ocic alla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia come pure del Gran premio Ocic ad Assisi poco tempo dopo, senza dimenticare la proiezione pubblica del film, ancora nell’autunno, ai padri conciliari riuniti a Roma per il Vaticano II. È attraverso la consultazione delle “Segnalazioni cinematografiche”, dei suoi giudizi morali stabiliti secondo criteri ben precisi, che si può cogliere lo sguardo della Chiesa in ambito cinematografico, la ricezione dei vari film nel corso dei decenni – ricordano gli autori – cui si vanno ad aggiungere poi gli approfondimenti offerti dalla “Rivista del Cinematografo”, la più antica rivista di cinema in Italia (dal 1928) riconducibile prima al Centro cattolico cinematografico e poi all’Ente dello Spettacolo (oggi Fondazione Ente dello Spettacolo), come pure “La Civiltà Cattolica”, storica rivista della Compagnia di Gesù fondata nel 1850.
Con la costituzione della Conferenza episcopale italiana, il lavoro di revisione dei film e di elaborazione dei giudizi di ordine morale viene di fatto trasferito di competenza a quella che verrà chiamata Commissione nazionale valutazione film. “L’audacia narrativa di Fellini, seppure elegante e dotata di grande fascinazione – si legge nell’eBook – preoccupa la Chiesa al punto da indicare la visione di gran parte dei suoi film solo a un pubblico adulto, adulto ‘in piena maturità morale’, quando non arriva addirittura a sconsigliarne o escluderne la visione”. Diverso è, invece, il discorso sulla complessità dei temi: “La Chiesa non è mai preoccupata per il grado di problematicità del racconto, piuttosto del suo stile, per le modalità narrative. Verso le tematiche complesse, come il racconto sociale e gli affanni delle periferie dell’umano, infatti, la Chiesa dimostra grande attenzione e prossimità: è quanto avviene, ad esempio, dinanzi alle esistenze travagliate di Cabiria oppure di Gelsomina”.