L’Amazzonia, a causa delle pratiche predatorie che stanno aumentando, rischia il punto “di non ritorno”. La deforestazione avanza e ha raggiunto quasi il 25% della foresta. Siamo ormai al punto che il processo di “savanizzazione” e impoverimento della biodiversità non potrà mai essere recuperato. La denuncia è arrivata ieri dall’ecologa Ima Vieira, ricercatrice del Museu Paraense Emílio Goeldi e consulente della Rete ecclesiale pan-amazzonica (Repam) del Brasile, in occasione del lancio della campagna “Amazoniza-te” (“Amazzonizzati”), organizzata dalla Commissione episcopale per l’Amazzonia della Conferenza nazionale di vescovi del Brasile (Cnbb) in collaborazione con altre organizzazioni ecclesiali e della società civile.
Secondo suor Maria Irene Lopes, segretaria esecutiva di Repam Brasile, l’iniziativa è anche legata all’attuale contesto in cui la violenza contro i popoli tradizionali è aggravata dalla pandemia di Covid-19. “Siamo di fronte a una situazione in cui la deforestazione e il land grabbing, gli incendi, l’attività estrattiva su larga scala e illegale si stanno intensificando, diventando agenti di proliferazione del coronavirus nelle comunità della regione amazzonica”, ha denunciato.
Dom Walmor Oliveira de Azevedo, presidente della Cnbb e arcivescovo di Belo Horizonte, ha affermato che l’Amazzonia è molto importante per la ricchezza dei suoi popoli, la sua storia, la fede cristiana che vi è stata coltivata. E ha sottolineato che la campagna invita tutti a mettere un nuovo verbo nella testa e nel cuore: “Amazzonizzare”. Tale verbo, secondo il presidente della Cnbb, è un “invito al dialogo e a mettere al centro la comunione” e può diventare “una scuola per noi per imparare a rispettare popoli e culture diverse, a preservare l’ambiente”.