“In un momento in cui la vita sembra sospesa e siamo colpiti dalla morte di persone care e dalla perdita di punti di riferimento per la nostra società, non possiamo limitarci a discutere il prezzo delle mascherine o la data di riapertura delle scuole”. È la provocazione lanciata da mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in un’intervista pubblicata sul sito del dicastero pontificio in occasione della pubblicazione del documento “L’Humana Communitas nell’era della Pandemia. Riflessioni inattuali sulla rinascita della vita”. “Dovremo cogliere l’occasione per trovare il coraggio di discutere condizioni migliori per orientare il mercato e l’educazione”, la proposta del presule, secondo il quale “la pandemia ha mostrato la fragilità, delle persone e delle società. È una crisi globale che tocca Nord e Sud del mondo e gli scienziati non hanno ancora risposte sicure”. “La novità – spiega Paglia – non è tanto nella comparsa di un virus sconosciuto. Si sarebbe infatti potuto circoscriverlo e sconfiggerlo localmente, limitando decisamente il danno. Il fatto inedito è la velocità e l’ampiezza con cui si è propagato attraverso la rete delle relazioni e dei trasporti. Nuovo è anche il ruolo dei mezzi di informazione, che hanno deciso come doveva diffondersi la consapevolezza della crisi: si è giustamente parlato di ‘infodemia’. La novità quindi è la strana mescolanza di conformismo e di confusione indotti dalle reazioni alla rappresentazione del pericolo nell’epoca delle società ‘iperconnesse’: che sono però anche ‘iper-individualistiche’. La debolezza della comunità, la quale dovrebbe offrirci assicurazione di sostegno e protezione nel pericolo, ci lascia esposti alle nostre incertezze e alle nostre vulnerabilità”. “Anche nelle società economicamente più benestanti, la pandemia ha sopraffatto l’efficienza delle strutture sanitarie e dei laboratori”, fa notare il vescovo: “È stato difficile prendere coscienza del fallimento della nostra efficienza e riconoscere il nostro limite”.