Diocesi: mons. Carboni (Ales-Terralba), “nella pandemia senza la comunità ci siamo sentiti persi”

“Dopo un silenzio meditativo dobbiamo dare alla comunità una parola di speranza, una lettura della situazione, una prospettiva anche di altro cammino”. In una lettera programmatica ai sacerdoti, monsignor Roberto Carboni, amministratore apostolico della Chiesa di Ales-Terralba, indica le piste di lavoro per questa estate. Il presule, che è anche arcivescovo di Oristano, avrebbe voluto promuovere gli stati generali del presbiterio, ma sentiti i principali collaboratori, ha deciso di rinviare l’appuntamento per ragioni di sicurezza.
“Sappiamo bene che non si può né si deve pensare che ‘tutto ritorni come prima’ ma che dobbiamo imparare a convivere – scrive il vescovo – sia con il virus del Covid-19 sia portare a maturazione esperienze e buone prassi che abbiamo sperimentato, come pure avere onestamente uno sguardo critico su ciò che si è rivelato non utile o transitorio”.
“Per qualche tempo, anche come vescovi e presbiteri, non si sapeva cosa fare, quali percorsi prendere. Senza la comunità, senza la ‘corporeità’ e la presenza visibile e tangibile della nostra gente – ha osservato padre Carboni – ci siamo sentiti persi. Quando ci sono altre tragedie nella società, come Chiesa siamo abituati ad occuparci dei corpi (nei terremoti, carestie, alluvioni, povertà, fame). Con la pandemia invece la Chiesa ha dovuto fare un passo indietro per far posto alla scienza, ai medici, ai virologi. Privata della prossimità, è sembrato che la Chiesa rimanesse senza parola. Tutti ci siamo chiesti: cosa possiamo dire come Chiesa, quale sarà la parola all’altezza della situazione?”.
Per il presule, gli atteggiamenti necessari per potersi rimettere in cammino come Chiesa diocesana, come presbiterio, come singoli e comunità sono sostanzialmente due: far crescere la comunità al rispetto, alla benevolenza e alla verità. “Dobbiamo, con uno sguardo di benevolenza trovare il modo – la prima indicazione di mons. Carboni – di entrare in dialogo. Non è detto che questo porti la gente in Chiesa, ma almeno possiamo ritrovarci in una “umanità condivisa”. Secondo atteggiamento suggerito dal presule: “Dobbiamo, dopo un silenzio meditativo, dare alla comunità una parola di speranza, una lettura della situazione, una prospettiva anche di altro cammino”.

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