L’emergenza coronavirus ha modificato la mappa delle terapie intensive sul territorio italiano, con un’ampia variabilità regionale: la Lombardia, che ha aumentato in maniera significativa (+79%) il numero dei posti letto in terapia intensiva durante l’emergenza (fino a 679), ha previsto il mantenimento di gran parte di questi posti letto (585) nel piano di riorganizzazione dell’attività ospedaliera. Al contrario, il minor aumento in termini assoluti di posti letto in terapia intensiva si registra in Umbria (+50% previsti nella delibera di riorganizzazione ospedaliera).
Gli aumenti maggiori durante la fase emergenziale si sono registrati in quelle regioni in cui il virus ha circolato con maggiore intensità (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna) o in quelle che partivano da una dotazione bassa di posti letto in terapia intensiva (Campania e Liguria). Un orientamento confermato dai piani di programmazione regionale che prevedono un consistente aumento dei posti in terapia intensiva, rispetto a quelli già attivati durante la fase 1, in 6 regioni. Si tratta di regioni prevalentemente del Sud Italia, nelle quali il virus ha circolato in maniera minore, e che in alcuni casi sono oggetto di piani di rientro. In particolare: +52% in Sardegna, +51% in Calabria, +32% in Campania, +32% in Umbria e +2% Abruzzo. Al contrario, in altre 6 regioni che rappresentano il 78% dei contagiati, il numero di posti letto in terapia intensiva previsti dalla riorganizzazione ospedaliera è, seppur con notevoli differenze nella distribuzione, inferiore rispetto al numero di posti attivati durante l’emergenza Covid-19. Si tratta di Liguria, Piemonte, Toscana, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Marche e Lombardia.
Sono alcuni dati emersi della 14/ima puntata dell’Instant Report Covid-19, arricchito dall’analisi dell’impatto economico dell’emergenza nella prospettiva del Servizio sanitario nazionale. Si tratta di una iniziativa dell’Alta Scuola di economia e management dei sistemi sanitari (altems) dell’Università Cattolica.