Ricordata ieri a Gerusalemme la solennità della dedicazione della basilica del Santo Sepolcro risalente al 15 luglio del 1149. A presiedere la celebrazione il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton che, riferisce la Custodia di Terra Santa, si è soffermato sulla “bellezza sfigurata e trasfigurata”, come possibile sintesi della festa. “Questi due aspetti – ha detto padre Patton – riguardano Gesù di Nazareth crocifisso e risorto, riguardano la Chiesa, riguardano ognuno di noi. Questo posto, e la festa di oggi, ci ricorda che c’è una bellezza sfigurata e trasfigurata anche nella Chiesa”, ha sottolineato il custode. “Se celebriamo la dedicazione avvenuta in epoca crociata è perché la basilica costantiniana fu in gran parte e più volte distrutta e restaurata. È come se questo luogo portasse fisicamente non solo la memoria della passione e risurrezione del Signore, ma anche della passione e risurrezione della Chiesa: la passione e risurrezione che il Corpo di Cristo vive nella storia come prolungamento ed estensione della passione e risurrezione del suo Capo”. Consacrato nel settembre del 355, il complesso di edifici fatto costruire dall’imperatore Costantino e da sua madre Sant’Elena, chiamato la basilica dell’Anastasis o Santo Sepolcro, ha subito diverse trasformazioni attraversando diversi e particolari tempi storici. La basilica attuale è una sintesi di quanto rimane degli edifici costantiniani e dell’edificio costruito dai crociati e riunisce i luoghi del Calvario e la Tomba vuota sotto lo stesso tetto, quasi a voler significare l’indivisibilità della morte e risurrezione del Redentore. Al termine della celebrazione padre Sinisa Srebrenovic, primo sagrestano al Santo Sepolcro e discreto di Terra Santa, ha ringraziato i pochi fedeli presenti e il custode. “Negli appena trascorsi 800 anni di presenza francescana, gli ultimi decenni hanno visto un flusso molto alto di pellegrini ma la maggior parte dei nostri predecessori hanno vissuto una situazione simile ad adesso, pregando e custodendo i luoghi santi in nome della Chiesa Cattolica. Come comunità francescana noi ci affianchiamo a loro, continuando a pregare per tutti coloro che sono qui e per chi non può fisicamente essere presente in questi luoghi”.