Una crisi istituzionale inedita in Bulgaria dove per la quinta serata consecutiva migliaia di manifestanti si sono riuniti nel centro di Sofia per chiedere le dimissioni del governo del primo ministro Boyko Borissov e quelle del procuratore della Repubblica Ivan Geshev. Il motivo per cui è iniziata la protesta sono state le perquisizioni da parte della procura nella sede della Presidenza della Repubblica per il coinvolgimento di due consiglieri del presidente Rumen Radev imputati in due processi. Il Capo di Stato in persona l’11 luglio ha chiesto le dimissioni del primo ministro Borissov e del procuratore della Repubblica Geshev accusandoli di “deriva della mafia” dopo un altro episodio di protesta, questa volta al mar Nero, su una piccola spiaggia pubblica con accesso negato ai cittadini, dietro la quale si trova la villa di Ahmed Dogan, presidente emerito del Movimento dei turchi, un personaggio molto potente e di fama discutibile nella politica bulgara. Anche se in generale la protesta si svolge in modo pacifico, venerdì sera si sono registrati alcuni scontri con la polizia e due ragazzi sono stati crudelmente picchiati dalle forze dell’ordine. Le proteste arrivano in un momento di tensione altissima tra il Capo di Stato Radev e il governo di centro-destra guidato da Boyko Borissov, mentre le prossime elezioni politiche dovrebbero svolgersi nel marzo del 2021. Secondo Radev, il governo non combatte la corruzione mentre il pubblico ministero raccoglie le proprie prove con selezione facendo collusione con il governo. Nel frattempo il premier Borissov ha dichiarato che non intende dimettersi “perché a causa della pandemia e della prossima crisi economica si aspettano tempi duri in autunno”.