Un sistema universitario reattivo, in grado di gestire il lockdown ottimizzando risorse umane e tecniche, nonostante le carenze strutturali che da anni lo affliggono, per dare continuità alla propria missione. È l’immagine emersa dalla nuova Classifica Censis delle Università italiane (2020-2021), che quest’anno analizza anche il modo in cui gli atenei hanno saputo affrontare l’inedita situazione creata dal Covid-19. Il ranking annuale – 61 le università statali e non statali che hanno risposto – è stilato in base a strutture disponibili, servizi erogati, borse di studio, livello di internazionalizzazione, comunicazione e occupabilità, e può aiutare i giovani e le loro famiglie a individuare con consapevolezza il percorso di formazione. Disponibili anche le classifiche della didattica delle lauree triennali. Di questi 61 atenei, 42 hanno completato il passaggio alla didattica a distanza entro una settimana dall’inizio del lockdown, i rimanenti per lo più in due settimane. Ma le risorse messe a disposizione dal Fondo per le esigenze emergenziali del sistema universitario sono state ritenute all’unanimità insufficienti.
Il rischio di una contrazione delle nuove iscrizioni è molto concreto, a causa dell’impatto della pandemia su redditi e prospettive di famiglie e studenti, nonché sulla mobilità degli studenti internazionali. L’effetto sulle immatricolazioni della crisi scoppiata nel 2008 fu molto rilevante: causò una riduzione complessiva di quasi 25mila immatricolazioni nel giro di sei anni (-8,4%), con un tonfo nel solo primo anno della crisi del 4,1%. Inoltre, un arresto dei flussi degli studenti residenti all’estero priverebbe i nostri atenei di una componente importante (l’1,7% degli immatricolati nello scorso anno accademico: 5.155 studenti) e in forte crescita nel tempo. Nel quinquennio 2015-2019 il tasso medio annuo di incremento è stato del +10,7%.