“Il ddl Zan-Scalfarotto si propone di contrastare l’omofobia e la transfobia compromettendo, tuttavia, gravemente la libertà di pensiero anche con delle conseguenze relative al piano penale: sarà ancora legittimo affermare che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre?”. Lo scrivono in una lettera aperta i laici del Consiglio pastorale diocesano e la Consulta delle aggregazioni laicali di Monreale sul ddl Zan-Scalfarotto. Spiegando che “non si tratta di ridurre tutto a uno scontro tra ‘cattolici’ e ‘non cattolici’”, i firmatari della lettera sostengono che “la questione posta dalla legge in discussione può interessare chiunque”. “Certi giudizi possono non essere discriminatori, ma essere fondati su una base valoriale e non solo su un credo religioso”. La preoccupazione maggiore è relativa alla modifica dell’articolo 604 del codice penale, “il cui ulteriore ampliamento della fattispecie incriminatrice appare certamente pretestuoso, con l’obiettivo non di punire gli odiatori, come si vorrebbe far credere, ma di creare una nuova casta; rischiando di sanzionare non già la discriminazione bensì l’espressione di una legittima opinione; compromettendo i valori preminenti della Costituzione e nello specifico l’articolo 21”.
Nelle righe della lettera una posizione precisa: “Il ddl Zan-Scalfarotto contrasta proprio con la concezione liberale della democrazia, anteponendosi inevitabilmente a quel pluralismo ideologico tanto decantato dalla parte politica degli stessi proponenti”. Infine, i firmatari evidenziano che “la proposta di legge introduce il concetto di ‘vulnerabilità’ rispetto alle persone di orientamento Lgbt”. Un esempio concreto è il seguente: “L’adozione omosessuale va contro la natura dell’uomo, è impensabile sostenere un principio del genere, io non sopporto chi sostiene questa tesi”. Frasi come queste “minerebbero la vulnerabilità della comunità Lgbt determinando una ipotesi di reato”.