Crescono le preoccupazioni in sede Ue per la decisione del Consiglio di Stato turco sul destino futuro di Santa Sofia. La cattedrale bizantina, patrimonio mondiale dell’Unesco, anche a Bruxelles è ritenuta un simbolo di storia comune e di dialogo tra popoli e religioni. Il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer, lo ha ribadito ancora qualche giorno fa, dinanzi alla possibilità che da museo l’edificio, risalente al 532 dopo Cristo, possa essere riconvertito in moschea. “Santa Sofia è un simbolo di dialogo interreligioso e interculturale, un museo patrimonio mondiale dell’Unesco. Nella sua forma attuale, Santa Sofia è un monumento globale. Il mantenimento del suo status attuale, riconosciuto a livello internazionale, indica la tolleranza e l’apertura del Paese”, ha detto Mamer. Il presidente turco Erdogan, ritenuto in calo di popolarità, stretto fra crisi economica e guerra in Siria, angustiato dai curdi (fortemente discriminati nel Paese), cerca una sponda nel nazionalismo, al quale vorrebbe piegare l’islam, maggioritario nel Paese. Ma fonti Ue, riservatamente e diplomaticamente, osservano che la decisione di far tornare Santa Sofia luogo esclusivo di preghiera musulmana porterebbe tensioni tra le religioni, screditerebbe lo stesso islam, aprirebbe contenzioni con i Paesi a forte presenza ortodossa, fra cui le vicine Grecia, Bulgaria, Romania, ma anche con la Russia. L’Ue guarda con attenzione alla vicenda anche in relazione ai negoziati – attualmente interrotti – per l’adesione di Ankara all’Unione europea.