“Huma ha chiamato i genitori informandoli che è rimasta incinta a causa della violenza carnale subita. A seguito della richiesta del padre di lasciare l’abitazione del sequestratore per tornare a casa, la minorenne ha risposto che non le è permesso di uscire e che la sua vita è diventata ancor più difficile essendo imprigionata dentro le mura di una camera”: lo ha riferito, in un colloquio con Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), Tabassum Yousaf, avvocatessa dell’Alta Corte del Sindh, la provincia pakistana con capoluogo Karachi, impegnata nella difesa dei genitori della quindicenne cattolica Huma Younus, rapita nell’ottobre 2019 e costretta alla conversione all’islam.
Il rapitore, il musulmano Abdul Jabbar, ha un fratello di nome Mukhtiar, impiegato dei Rangers, una forza di sicurezza. “Quest’ultimo ha chiamato i genitori di Huma con video-telefonate e, facendo vedere loro le armi, li ha minacciati dicendo che li avrebbe uccisi qualora avessero cercato la figlia. Lo stesso Mukhtiar ha aggiunto, tramite messaggi-audio, che anche se tutti i cristiani si mettessero insieme per riavere Huma lui ucciderebbe sia i genitori sia chiunque intenda aiutare questi ultimi”.
Sul piano giudiziario, ha spiegato la legale della famiglia di Huma, il tribunale di primo livello (Third Judicial Magistrate di Karachi Est) ha chiuso il caso per mancanza di prove. È stato presentato ricorso in appello al medesimo giudice, al fine di riesaminare le prove documentali, e il magistrato ha interessato la competente autorità pubblica, il Nadra, al fine di acquisire il certificato di nascita dell’adolescente. La prossima udienza è fissata per il 13 luglio. L’avvocatessa dei genitori della ragazza aveva peraltro già fornito due documenti ufficiali da cui risulta la minore età: un attestato della scuola e il certificato di battesimo della parrocchia cattolica St. James di Karachi. Entrambi i documenti riportano la data di nascita di Huma: 22 maggio 2005.
Quanto all’Alta Corte del Sindh, è ancora chiusa a causa della pandemia da coronavirus e probabilmente riaprirà nel mese di agosto. Solo successivamente si potrà ottenere la fissazione di un’udienza presso la medesima Corte.
Il legale del rapitore Jabbar, ha evidenziato l’avvocatessa di Huma, punta a guadagnare tempo sfruttando ogni cavillo legale perché tra 3 anni l’adolescente sarà 18enne e il caso, con grande probabilità, sarà archiviato definitivamente. La Corte Suprema del Pakistan, la stessa che ha assolto Asia Bibi, teoricamente potrebbe esaminare e giudicare il caso in tempi brevissimi ma la società islamica radicale del Pakistan non permette al sistema giudiziario di essere autonomo. Inoltre quando è in gioco il diritto delle minoranze religiose si tende a dilazionare perché esso non viene considerato né prioritario né urgente.
Circa la diffusione del fenomeno di cui è rimasta vittima Huma, secondo una stima di Yousaf “basata sull’esperienza i casi simili sono 2.000 all’anno, sia registrati sia non registrati”.