“Una legge di questo tipo introdurrebbe nel sistema normativo uno squilibrio nel rapporto tra la libertà di opinione e il rispetto della dignità umana, che può dar luogo a derive liberticide”. Lo scrive il vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons. Antonio Suetta, presentando alcune “riflessioni e preoccupazioni pastorali” sulla proposta di legge contro i reati di omo e transfobia, nota come ddl Zan-Scalfarotto. La sua attenzione si concentra in particolare nel punto in cui il testo prevede di punire “l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza, non mere opinioni”. “Ma il problema sta proprio nell’individuare la differenza tra una opinione e una reale discriminazione – osserva il presule -, il che verrebbe affidato a una serie di valutazioni in capo a un giudice”. Alla luce di ciò il rischio evidenziato dal vescovo è che “un genitore, un vescovo, un parroco, un catechista, che, nell’adempimento della loro naturale missione, abbiano esposto secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni una valutazione educativa circa determinate condotte o promozioni di costume, possano essere sottoposti a un procedimento penale, in cui sarà da dimostrare che l’opinione o intervento formativo non conteneva in sé intento discriminatorio, per stabilire di volta in volta se sia stato superato il confine fra ‘opinione’ e discriminazione”.
Infine, da mons. Suetta un appello a tutti politici cattolici e a coloro che si ispirano a principi cristiani, affinché “facciano sentire la loro voce e nel dibattito politico in corso rivendichino la libertà di pensiero di tutti e dei cristiani”. “Mi spaventa, come pastore, pensare che articoli stessi del Catechismo e passi della Bibbia possano da un giorno all’altro diventare perseguibili per legge”, afferma mons. Suetta. Che conclude: “Non si può accettare che una legge metta a rischio la possibilità di annunciare con libertà la verità dell’uomo, sia pur con l’obiettivo di prevenire forme di discriminazione contro le quali è sufficiente applicare le disposizioni già in vigore, unitamente a una seria prevenzione, non necessariamente penale, per scongiurare l’offesa alla persona, chiunque essa sia”.