Le morti per Covid-19 tra gli indigeni devono diventare una questione di competenza della Corte interamericana dei diritti umani (Cidh). Lo sostiene, in una nota, il Consiglio indigenista missionario (Cimi), organismo collegato alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile.
Il Cimi cita uno studio condotto dalla Fondazione Oswaldo Cruz Foundation, pubblicato questa settimana, il quale mostra che è del 48% il tasso di mortalità tra gli indigeni ricoverati in ospedale. Si tratta di un tasso superiore a quello dei mulatti (40%), persone di colore (36%) e bianchi (28%). Sostiene l’organismo: “Viviamo in un contesto assolutamente cupo, in particolare con l’allentamento della quarantena. La pandemia può generare in Brasile una situazione di genocidio a causa della completa mancanza di un piano d’azione per affrontare una situazione sempre più drammatica”.
I dati di ieri, in tutto il Paese, sono eloquenti: i nuovi contagi sono stati più di trentamila, con circa 1.500 morti. Il Paese è il secondo al mondo dopo gli Usa per contagi (615.870) e terzo per numero di morti (34.039) dopo Usa e Regno Unito. Altissimi i tassi di contagio nei comuni amazzonici (per esempio nella diocesi dell’Alto Solimões è contagiato l’1,83% della popolazione, oltre il quadruplo della media italiana).