La famiglia della quattordicenne cattolica Maira Shahbaz, rapita il 28 aprile scorso dal musulmano Mohamad Nakash nei pressi di Faisalabad in Pakistan, ha presentato ricorso in appello all’Alta Corte di Lahore. Il rapitore, già sposato e padre di due figli, ha costretto la minorenne al matrimonio e le ha imposto di rinunciare alla fede cattolica. Lo rende noto in un comunicato la fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). La famiglia dell’adolescente intende così impugnare la sentenza del tribunale di Faisalabad del 5 maggio scorso, secondo cui Maira avrebbe 19 anni e il matrimonio sarebbe di conseguenza valido. Il legale dei familiari, Khalil Tahir Sandhu, riferendosi a Nighat Shahbaz, madre della sequestrata, afferma ad Acs: “Non potete immaginare lo shock di perdere la figlia e ogni contatto con lei”. Quanto al merito del giudizio relativo alla minore età dell’adolescente il legale aggiunge: “Ci sono molti punti deboli e lacune negli argomenti dell’avversario”. Sandhu cita un certificato di nascita e altra documentazione ufficiale prodotta dalla scuola e dalla chiesa locali, dai quali si evince che Maira è quattordicenne. Il legale aggiunge che il certificato di matrimonio prodotto in giudizio da Nakash è un falso teso a dimostrare che le presunte nozze sarebbero avvenute lo scorso ottobre. Il sequestratore sostiene inoltre che, indipendentemente dall’età, il matrimonio con Maira è autorizzato dalla consuetudine islamica, la quale lo ritiene valido a condizione che la ragazza abbia avuto il primo ciclo. Secondo l’avvocato della famiglia, “in casi come questo quello che spesso vediamo è che, dopo due o tre anni, la ragazza viene restituita alla famiglia, quando ormai la lussuria è soddisfatta e ne hanno abbastanza di lei”. Sandhu è stato ministro per i Diritti umani e le Minoranze del Punjab e compagno di studi di Shahbaz Bhatti, ministro pakistano per le Minoranze barbaramente ucciso nel 2011. Il legale ha intenzione di portare il caso di Maira all’attenzione dell’Assemblea del Punjab. “Acs sostiene la Commissione nazionale pakistana per la giustizia e la pace e altre organizzazioni che garantiscono aiuto, anche legale, alle minoranze oppresse”, commenta Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia. “Huma Younus e Maira Shahbaz sono solo due delle centinaia di adolescenti che subiscono il medesimo intollerabile trattamento. Non ci può essere vera pace sociale in Pakistan se le istituzioni, in particolare l’autorità giudiziaria, non si sottrarranno al condizionamento degli estremisti”, conclude Monteduro.