“Sono certo che il cammino percorso dentro il tempo del virus ci consentirà di rendere virale nelle nostre comunità l’attenzione amorevole per gli ultimi, quelli che Dio ama”. Si chiude con queste parole la lettera “Passi di speranza” che mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e amministratore apostolico di Susa, indirizza agli ospiti dei dormitori, delle mense, poveri e senza dimora, immigrati, famiglie assistite e ai volontari che condividono la vita e i problemi di queste persone.
Il testo, in distribuzione da oggi, si apre con una riflessione su “questa inedita e faticosa esperienza che ci ha colti tutti di sorpresa: il Covid-19”. “Stiamo lentamente ripartendo ma – osserva l’arcivescovo – sentiamo tutta la fatica di un futuro che non riusciamo ancora a vedere con chiarezza. Pensavamo di essere organizzati, di aver predisposto tutte le protezioni necessarie, di essere in un momento di nuova accelerazione dopo i lunghi anni della crisi economica. Ci sentivamo più sicuri e ci siamo scoperti fragili, vulnerabili, aggredibili dal dolore”. “Pensando ai giorni trascorsi e alzando lo sguardo verso il futuro – prosegue Nosiglia – sento la necessità di farmi vicino e prossimo – che significa il più vicino – a ciascuno di voi. Non ci è ancora possibile incontrarci in maniera ampia, ma il cuore non deve avere limiti e può mettersi accanto a quello dell’altro”. L’arcivescovo afferma poi che “desidero mettere il mio cuore a fianco di quello” di chi ha fatto fatica a “stare a casa”, delle persone straniere, dei carcerati, delle tante famiglie già provate da fatiche economiche, disabilità, non autosufficienza, dei fratelli più emarginati. Insomma, “metto il mio cuore vicino a tutti”, assicura mons. Nosiglia, consapevole che “adesso siamo di fronte alle grandi sfide che il futuro ci riserva”. “Non possiamo perdere le lezioni che la vita ci ha lasciato”, ammonisce l’arcivescovo: “I bisogni aumenteranno e le risorse probabilmente non saranno del tutto sufficienti. La testimonianza che avete reso deve concretizzarsi nella cura della qualità delle relazioni”. “Questa – evidenzia Nosiglia – è la nostra sfida, la sfida del volontariato ecclesiale per i prossimi anni. Qualità fa rima con collaborazione sincera, comunione, corresponsabilità, senso di Chiesa. Qualità ci indica che al centro di tutto deve sempre esserci l’altro, non l’io con i suoi modi di fare ormai sedimentati”.