“Chiedo un impegno più deciso, più forte e determinato. Chiedo una maggiore attenzione al governo del mio Paese, a livello diplomatico, per farsi consegnare anche l’ultimo pezzo di verità da parte dei Paesi che avevano aerei in volo, quella notte, in quel cielo. Sappiamo che il Dc9 è stato abbattuto, ma non sappiamo da chi. Quello che doveva avvenire in quella notte era indicibile”. Lo dice al Sir la presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime, Daria Bonfietti, in prossimità del 40° anniversario della strage di Ustica, in cui persero la vita 81 persone. “Una battaglia lunghissima per la verità con difficoltà che abbiamo incontrato all’interno delle nostre istituzioni – ricorda –. Sono stati uomini dell’apparato dello Stato che hanno impedito per troppo tempo di fare progressi in questo cammino. La verità raccontata è stata di cedimento strutturale, ma nel ’99 con il recupero del relitto in fondo al mare il giudice priore ci consegna le reali cause: il Dc9 è stato abbattuto. E questo va ricordato negli anniversari”. Ripercorrendo l’esperienza personale di quei giorni, Bonfietti, che ha perso il fratello in quella strage, ricorda quel dramma: “Mio fratello stava raggiungendo la moglie e la figlia, in Sicilia, da Bologna. Gli avevo comprato il biglietto, è salito su quell’aereo. Mi sono serviti cinque anni prima di venir fuori e prendere consapevolezza di quello che era successo”. La presidente dell’associazione che raggruppa i familiari delle vittime riferisce di “non aver avuto nessuna comunicazione ufficiale”, ma una telefonata di un’amica, quindi la corsa in aeroporto: “Solo alle cinque e mezzo del mattino, un dipendente dell’aeroporto ha riunito le persone che erano presenti e ci ha detto che l’aereo veniva dato per disperso. Dopo abbiamo pianto e nel tempo è cominciato l’impegno per la verità”.