Quasi una cooperativa su tre (32%) prevede una mancanza di liquidità per fare fronte a spese e impegni nel 2020 a causa della difficile ripartenza nella fase 3 dell’emergenza coronavirus dopo il lungo lockdown che ha azzerato lavoro e incassi. È quanto emerge da una elaborazione dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati Istat in riferimento alle misure di rilancio dell’economia italiana allo studio del Governo: dal taglio dell’Iva ai bonus edilizi e familiari. “Serve subito una robusta iniezione di liquidità – spiega Uecoop – perché l’intero sistema produttivo possa ripartire in tutto il Paese”. Fra le imprese cooperative in crisi di liquidità il 70% riguarda quelle che si occupano di edilizia, vigilanza e assistenza, mentre il resto è concentrato fra chi lavora con la Pubblica amministrazione con una parte di realtà più piccole che operano nel settore agroalimentare.
Per resistere alla crisi le imprese stanno tentando di riorganizzare spazi e orari di lavoro, cercando di aprire anche nuovi mercati grazie all’online. Purtroppo questo non basta e serve una spinta a livello nazionale che guardi sia alle risorse che alla facilità di accedervi considerato che – denuncia Uecoop – “nell’ultimo anno è aumentato del +26,5% il peso della burocrazia sul lavoro delle imprese. Un peso non più sopportabile”.
Di qui la necessità di “alleggerire il carico burocratico che rallenta l’attività e quindi la reattività del sistema produttivo come si è visto con i ritardi registrati sulle misure che il Governo ha varato in materia di liquidità e cassa integrazione. Per questo è necessario incrementare i fondi statali per assicurare la liquidità a comuni, province e regioni migliorando ancora di più i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione”. Secondo Uecoop, il Paese ha bisogno di servizi sempre più qualificati e allargati all’intera comunità: sanità, trasporti, assistenza agli anziani e a persone con problemi di inclusione, servizi educativi e scolastici. Ambiti in cui operano già migliaia di cooperative sociali che supportano le necessità di oltre 7 milioni di famiglie e che, nonostante la pandemia da coronavirus, hanno continuato a prendersi cura degli anziani e dei soggetti più deboli anche in collaborazione con gli enti locali.