Terra Santa: mons. Pizzaballa (Gerusalemme), debiti Patriarcato “si devono pagare. Se il problema è stato causato qui, è qui che deve essere risolto”

Foto Calvarese/SIR

“In questi anni abbiamo riorganizzato l’economia del Patriarcato, con verifiche e controlli interni ed esterni. Abbiamo fatto tutto ciò che viene richiesto ad una istituzione che ha quasi 2.000 salari da pagare ogni mese. Un giro molto alto, ma i debiti si devono pagare”. È quanto dichiarato oggi da mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, nel corso della diretta Facebook e YouTube, “La comunità cristiana di Terra Santa, tra assenza di pellegrini, difficoltà economiche e desiderio di risollevarsi”, organizzata dal Commissariato di Terra Santa del Nord Italia e dalla testata Terrasanta.net nell’ambito del ciclo di incontri “Finestre sul Medio Oriente”. Intervenendo sulla questione dei debiti del Patriarcato latino di Gerusalemme che “raggiungono la cifra astronomica di quasi 100 milioni di dollari”, mons. Pizzaballa ha spiegato che “dopo aver tagliato le spese e raccolto quanto più possibile è apparso evidente che la cifra era ancora troppo alta e che bisognava trovare delle risorse straordinarie, non raggiungibili con donazioni a livello internazionale. Abbiamo deciso anche da un punto di vista etico, come responsabilità, di alienare alcune proprietà (a Nazaret, ndr.) non strettamente indispensabili così da risolvere il problema debitorio e tornare alla serenità finanziaria ed essere più tranquilli anche per affrontare una prossima crisi post-Covid-19”. “Se il problema è stato creato qui – ha rimarcato mons. Pizzaballa – è qui che deve essere risolto e ci si deve assumere la responsabilità di pagare”. Sulla questione debitoria il Patriarcato ha diffuso nei giorni scorsi un comunicato in cui spiegava la situazione in atto. Il debito, riferiva la nota, “è stato causato dalla passata cattiva gestione operativa, collegata all’Università americana di Madaba, in Giordania. I debiti sono verso alcune banche e non verso il Vaticano”.

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