“Di fronte alla delocalizzazione in cloud di attività rilevantissime chiediamo al Parlamento e al Governo se non si debba investire in un’infrastruttura cloud pubblica, con stringenti requisiti di protezione, per riversarvi con adeguata sicurezza dati di tale importanza”. Lo ha affermato oggi pomeriggio il Garante per la privacy, Antonello Soro, presentando alla Camera dei deputati la relazione annuale dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali.
Parlando di malware, il Garante ha ricordato che “gli attacchi sono ulteriormente cresciuti nello scorso anno: persino del 91,5% nel settore dei servizi on line e del cloud. Gli atti di spionaggio/sabotaggio sono triplicati, in misura percentuale, rispetto allo scorso anno”. “La pandemia – ha proseguito – ha ulteriormente acuito questo fenomeno rivoltosi, addirittura, ai danni di strutture sanitarie di eccellenza anche italiane, al punto che si è proposto di qualificare tali atti come propriamente terroristici”. Per il Garante, “è indispensabile fare della protezione dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture un obiettivo prioritario delle politiche pubbliche. La crescente complessità dei sistemi genera, infatti, vulnerabilità sfruttate per paralizzare reti di servizi pubblici essenziali e canali di comunicazione di primaria importanza, con un impatto, dunque, concretissimo sulla vita pubblica”. Sono invece “ancora troppi e troppo importanti i sistemi informativi, soprattutto pubblici, caratterizzati da vulnerabilità suscettibili di pregiudicare tanto la sicurezza nazionale quanto la dignità dei soggetti i cui dati siano divulgati”. Il riferimento è andato al “data breach” dell’Inps, ma non solo visto che sono state 1.443 le notifiche di violazione dei dati personali ricevute dal Garante nel 2019, da parte di soggetti pubblici e privati.