“È innanzitutto la politica che deve fare la sua parte” di fronte alla crisi economica e sociale che stiamo vivendo in conseguenza del Covid-19 e “spetta infatti in primo luogo ad essa intervenire, pianificando programmi di vero sviluppo integrale e azioni di natura economica che pongano al primo posto la dignità di ogni persona umana e il bene comune”, ma “non possiamo limitarci a spronare la classe politica e a svolgere su di essa un ruolo di continua vigilanza”. Lo sottolinea il vescovo di Ischia, mons. Pietro Lagnese, in una lettera agli imprenditori del settore turistico, particolarmente colpito dall’emergenza sanitaria.
Di qui un “appello accorato in favore di tutti i lavoratori dell’Isola”, nel quale chiede di riaprire le attività, nella consapevolezza che “non sempre è giusto fare ciò che ci appare più conveniente”.
Per il vescovo, “riaprire l’attività” è, innanzitutto, “un atto di responsabilità”: “Le persone che fino a oggi hanno lavorato per te sono legate a te da un patto di solidarietà: non puoi ora sbarazzarti di loro come se fossero un peso”.
“Riaprire l’attività è anche un atto di giustizia”, che permette “di restituire e di sdebitarti di quanto a tua volta hai ottenuto”, e “un atto di riparazione”, perché “non sempre è stato promosso un lavoro equo, rispettoso della dignità delle persone e solidale; a volte, nella gestione dell’attività, forse, le leggi del mercato e del profitto hanno avuto la meglio a discapito delle esigenze dei lavoratori”. Ma “riaprire è anche un atto di fiducia”, “nella vita, negli altri, in Dio”, e “un atto di saggezza”, perché “se tutto il mondo intorno a noi brucia, non serve a molto chiudersi in casa pensando così di stare al sicuro. Serve invece uscire e lavorare insieme agli altri per spegnere l’incendio”.
Riaprire è, infine, “un atto di misericordia”, perché, come dice il Papa, “la misericordia non abbandona chi rimane indietro”.
Ricordando le parole di Papa Francesco nell’Evangelii gaudium, mons. Lagnese conclude: “Ti auguro di essere un imprenditore che desideri praticare una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda. Sì, diamoci da fare per una nuova economia!”.