Attacco turco la scorsa notte contro il monte Sinjar, sacro alla minoranza curda degli yazidi. Ventisette missili lanciati da postazioni turche hanno colpito il santuario dello Sheikh Chilmira, posto sulla cima più alta (1463 metri sul livello del mare) della catena montuosa lunga circa 100 chilometri che corre al confine fra Iraq e Siria e che sovrasta la città di Sinjar. Tra gli obiettivi anche il campo profughi di Makhmour, dove vivono yazidi sfuggiti all’Isis che conquistò la regione nell’agosto di 6 anni fa riducendo migliaia di persone in schiavitù, con donne e bambini venduti nei mercati iracheni e siriani. L’attacco rientrerebbe nel quadro delle operazioni contro i gruppi di combattenti del Pkk, ritenuti terroristici dalla Turchia. “I turchi sono riusciti dove nemmeno le milizie dell’Isis erano riuscite, vale a dire colpire la cima più alta del Sinjar”, commenta al Sir padre Samir Al-Khoury, parroco della parrocchia di St. Shmony di Enishke e di altri tre villaggi nell’area di Amadiya, nel Kurdistan irakeno. Il massiccio, nel 2014, fu difeso dagli yazidi e dai curdi che impedirono all’Isis di conquistarlo. “La notizia – afferma il sacerdote – ha provocato sconcerto e dolore tra le famiglie yazide che sono ancora qui nell’area di Amadiya. Come Chiesa cerchiamo di stare loro vicino anche materialmente in uno scambio di amicizia e dialogo che sta offrendo tante testimonianze di bene e di riconciliazione. Tante famiglie non possono ancora tornare nelle loro terre e case e per questo vengono assistite nel nostro centro. Il Governo ha promesso di interessarsi alla loro situazione”.