“Nei giorni in cui a causa del diffondersi della pandemia ci è stata impedita la celebrazione della santa messa con il popolo, di fronte alle numerose richieste che mi pervenivano perché intervenissi a far cessare quella disposizione limitativa, che appariva tuttavia un doveroso contributo a contrastare la diffusione del virus, mi sono chiesto se ciò che mancava a molti fosse davvero la presenza reale di Cristo e il cibarsi del suo Corpo ovvero soltanto l’esperienza comunitaria dell’assemblea in preghiera o la sacralità di un rito venerabile”. Lo ha affermato ieri l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, nell’omelia pronunciata durante la messa che ha presieduto in cattedrale per la solennità del Corpus Domini.
“Solo unendoci all’esistenza donata di Gesù noi possiamo trovare vita vera”, ha ammonito il porporato, sottolineando che “assumere l’Eucaristia significa impegnarci anche noi a una vita donata, assimilandoci a quel Gesù che si fa nostro cibo”. “La comunicazione di vita che si realizza nell’Eucaristia – ha proseguito – fa sì che la nostra esistenza si possa collocare nel mistero della persona del Verbo incarnato e, nel contempo, Gesù Salvatore venga a dimorare nella nostra vita per trasformarla a sua immagine”.
“Questa esigenza fondamentale della vita cristiana – ha osservato Betori – torna con particolare urgenza oggi, dopo giorni in cui abbiamo toccato con mano come la vita dei fratelli possa essere salvata solo da chi se ne fa carico e si spende, si dona per essa”. “Una prospettiva che diventa però anche il seme insostituibile di ogni progetto futuro di comunità cristiana e di società civile”, ha continuato il cardinale, evidenziando come “solo facendoci cibo e bevanda gli uni per gli altri, tutti potranno trovare risposta alla loro fame e alla loro sete. L’alternativa sono le lacerazioni, le sopraffazioni, l’indifferenza da cui scaturiscono le paure, i conflitti, le marginalità che hanno finora accompagnato la società del profitto e degli scarti, non degli uomini e delle donne liberi e fraterni”. “Nell’Eucaristia – ha assicurato – troviamo i parametri di un progetto sociale davvero innovativo, quello di cui abbiamo bisogno per il nostro futuro. Un progetto davvero umano, perché misurato sulla figura della pienezza dell’umano, il Signore Gesù, ma anche un progetto per noi che siamo chiamati a crescere verso quella pienezza”.