In occasione della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, che si celebra domani 12 giugno, Terre des Hommes lancia l’allarme per il drammatico aumento del lavoro minorile in seguito alla pandemia. Già prima della pandemia 152 milioni di minori dovevano lavorare e 386 milioni di bambini in tutto il mondo vivevano in condizioni di povertà estrema. A questi, a causa del Covid-19, si aggiungeranno altri 66 milioni di minori caduti nel baratro della povertà se non verranno prese adeguate misure. “Per milioni di bambini la crisi causata dal Covid-19 ha il volto della fame, dello sfruttamento e della fine di ogni speranza di opportunità educative. È fondamentale che i governi nazionali e la comunità internazionale diano priorità ai bisogni dei bambini delle fasce di popolazione più svantaggiate nei loro programmi di aiuto per la pandemia di Covid-19 – dichiara Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes -. Oltre agli aiuti alle famiglie si pensi anche a sostenere attivamente l’istruzione. La riapertura delle scuole deve essere accompagnata da programmi di recupero scolastico per evitare che i bambini abbandonino la scuola e finiscano per lavorare”.
Le organizzazioni partner di Terre des Hommes stanno osservando un aumento ben visibile del lavoro minorile in molti Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. “Nelle grandi città – la denuncia – ci sono più bambini che chiedono l’elemosina o vendono merce per strada. Nelle piantagioni i bambini in età scolare lavorano con i genitori. Nelle Filippine, con la perdita dei proventi dal turismo e la chiusura delle scuole, sono sempre di più i minori che si prostituiscono davanti alla webcam. L’Europol ha dichiarato che globalmente la domanda di pornografia infantile in rete è aumentata con l’inizio del lockdown”.
La chiusura delle scuole, poi, “ha significato la perdita del più importante pasto per 365 milioni di bambini, spesso l’unico pasto del giorno. L’alternativa è la fame. Nei Paesi più poveri milioni di ragazze e ragazzi stanno perdendo completamente il loro legame con la scuola ed è altamente probabile che non tornino più a scuola, perché devono contribuire al reddito familiare. I bambini provenienti da famiglie povere che vivono in zone senza elettricità o che non possono permettersi computer e connessioni internet non hanno la possibilità di seguire la didattica a distanza. Questo significa che il loro rendimento scolastico, spesso già scarso, alla riapertura sarà talmente basso che sarà impossibile recuperare il tempo perduto”.
Inoltre, “la chiusura delle scuole e dei centri giovanili ha azzerato un sistema informale ma efficace di allarme contro la violenza domestica, i matrimoni precoci e lo sfruttamento dei bambini”.