“Il libro della Genesi, attraverso le vicende di uomini e donne di epoche lontane, ci racconta storie in cui noi possiamo rispecchiare la nostra vita”. Ne è convinto il Papa, che proseguendo il ciclo di catechesi sulla preghiera si è soffermato sulla figura di Giacobbe, “un uomo che si è fatto da solo”. “Nel ciclo dei patriarchi, troviamo anche quella di un uomo che aveva fatto della scaltrezza la sua dote migliore: Giacobbe”, ha esordito Francesco durante l’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata: “Il racconto biblico ci parla del difficile rapporto che Giacobbe aveva con suo fratello Esaù. Fin da piccoli, tra loro c’è rivalità, e non sarà mai superata in seguito. Giacobbe è il secondogenito, erano gemellini, ma con l’inganno riesce a carpire al padre Isacco la benedizione e il dono della primogenitura. È solo la prima di una lunga serie di astuzie di cui questo uomo spregiudicato è capace”. “Anche il nome, Giacobbe, significa qualcosa di chi sa muoversi non direttamente, la scaltrezza nel muoversi”, ha detto a braccio il Papa: “Costretto a fuggire lontano dal fratello, nella sua vita pare riuscire in ogni impresa. È abile negli affari: si arricchisce molto, diventando proprietario di un gregge enorme. Con tenacia e pazienza riesce a sposare la più bella delle figlie di Labano, di cui era veramente innamorato”. “Giacobbe – diremmo con linguaggio moderno – è un uomo che si è fatto da solo”, la sintesi di Francesco: “Con l’ingegno, la scaltrezza, riesce a conquistare tutto ciò che desidera. Ma gli manca qualcosa. Gli manca il rapporto vivo con le proprie radici”.