Comincia a prendere forma l’emergenza Covid-19 nel più grande campo profughi del mondo. A Cox’s Bazar, in Bangladesh, dove 855mila civili Rohingya vivono in 34 insediamenti di fortuna, sono già 29 i casi accertati di coronavirus in pochi giorni. Sono 381, inoltre, i contagi confermati a Cox’s Bazar District, l’area in cui si trova questa grande “metropoli”. È l’allarme lanciato da Azione contro la fame, organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella lotta alla fame e alla malnutrizione. Qui la pandemia costituisce una emergenza nell’emergenza: dal 2017, si è “consumato” l’esodo della popolazione Rohingya, centinaia di migliaia di civili. Oggi, si stima che, all’interno del campo profughi di Cox’s Bazar, ogni chilometro quadrato sia occupato da 40mila persone. Tra di esse anche migliaia di bambini: oltre il 40% soffre di malnutrizione cronica.
“Qui è molto difficile dare seguito alle misure di contenimento per far fronte alla diffusione del Covid-19”, dichiara Mahadi Muhammad, direttore di Azione contro la fame a Cox’s Bazar, che aggiunge: “Solo adesso stiamo iniziando a rilevare il numero dei casi ma non sappiamo in che termini i contagi cresceranno nel prossimo futuro. In tal senso, sia all’interno del campo sia a Cox’s Bazar, stiamo lavorando per favorire, in tempi rapidi, l’adozione di comportamenti igienici e adeguati alla situazione, promuovendo anche il distanziamento sociale”.
Azione contro la fame – 1.248 operatori e 1.555 volontari – ha incrementato in questi mesi le attività di sensibilizzazione in tema di salute e igiene e ha installato ulteriori punti di accesso all’acqua. Distribuiti anche quasi 90mila kit di igiene, installati 4.388 servizi igienici; supportati con attività di sostegno psicologico 151.131 rifugiati. All’interno di Cox’s Bazar, l’organizzazione serve, ogni giorno, anche mille khichuri (un piatto locale fatto di riso, lenticchie, spezie e verdure) e 1.600 pasti caldi.