I gesuiti europei hanno inviato un messaggio alle istituzioni dell’Unione europea chiedendo loro di promuovere una “vera solidarietà etica e sociale” dopo l’epidemia di coronavirus nel continente. L’appello, che giunge nel 75° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale e a 70 anni dalla Dichiarazione di Schuman, chiede all’Ue di lavorare incessantemente per superare “la minaccia esistenziale rappresentata dall’attuale mancanza di slancio per la solidarietà internazionale”. La dichiarazione dei gesuiti sottolinea che la pandemia di coronavirus ha rafforzato la consapevolezza di tutti i popoli europei di essere profondamente interconnessi. Paradossalmente, è in un momento in cui le chiese sono vuote che la gente riscopre il messaggio cristiano di solidarietà.
Questa crescente consapevolezza dovrebbe servire come motore di cambiamento mentre le persone crescono nel loro impegno a servire il bene comune. I gesuiti chiedono un ripensamento dell’attuale modello di globalizzazione. “Non possiamo vivere in salute su un pianeta malato”, sottolineano, alludendo all’insegnamento di Papa Francesco sull’”ecologia integrale”. Esprimono anche il loro rammarico per la riluttanza iniziale dell’Unione a venire in aiuto dei Paesi del Sud che lottano contro il virus. “Per fortuna, l’Unione ha ritrovato la strada della solidarietà concreta, per ora”. A medio termine, la sfida sarà quella di affrontare le conseguenze economiche e sociali della pandemia. Inevitabilmente questo comporterà una certa ridistribuzione della ricchezza dai Paesi più ricchi a quelli più poveri“. Mettono in evidenza la situazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo in tutta Europa. L’appello alla solidarietà “deve estendersi urgentemente anche a loro”, specialmente a quelli confinati nei campi in tutta l’Ue.
Il messaggio si conclude con la speranza che la crisi possa essere una “opportunità spirituale di conversione”, da cogliere per generare un cambiamento radicale in meglio.