A quasi una settimana dal massacro nel carcere “Cepello” (Centro penitenciario de Los Llanos Occidentales), a Guanare, nello Stato venezuelano centro-occidentale di Portoguesa, ancora non ci sono notizie ufficiali sui responsabili dei gravi fatti accaduti, a cominciare dall’uccisione di 51 detenuti e dal ferimento di altri 75. “La ministra ha detto che si sta indagando, la Procura pure, ma a oggi non abbiamo alcuna notizia certa su quanto è accaduto”. Lo afferma al Sir Carlos Nieto, coordinatore di “Una ventana a la libertad” (Una finestra sula libertà), ong che si occupa delle condizioni delle carceri venezuelane.
Nieto, tuttavia, un’idea se l’è fatta: “A mio avviso si è trattato del primo massacro per fame in un carcere venezuelano. Le terribili foto scattate dopo l’uccisione di tanti detenuti mostrano persone in stato di denutrizione. Verosimilmente, la protesta è scattata quando è stato impedito ai familiari dei detenuti di portare il pasto ai propri congiunti. Qui in Venezuela, infatti, sono i familiari ad assicurare il pasto ai detenuti, che altrimenti non mangiano. Credo che sia stato un massacro per la mancanza di alimenti. Probabilmente le guardie, nel momento della protesta, hanno iniziato a sparare. Va ricordato che la maggioranza delle vittime era ancora sotto processo, attendeva una sentenza e che anche in quella struttura la situazione è allo stremo con 1.500 detenuti stipati in un luogo che dovrebbe contenerne 750”.
Nieto, sulla scia dei report di “Una ventana a la libertad”, spiega che quanto accaduto è solo la punta d’iceberg di una condizione generalizzata: “Nelle strutture penitenziarie si vive in povertà estrema. Questo accade particolarmente nei centri di detenzione preventiva, che dovrebbero accogliere le persone che vengono arrestate solo per pochi giorni, cosa che invece non accade, sono in pratica strutture permanenti. Va anche detto che il 70% dei detenuti, in Venezuela, non ha ancora avuto una sentenza”.
In generale, nelle carceri venezuelane, “mancano cibo, condizioni igieniche di base, assistenza medica. È diffusa la tubercolosi e altre malattie. Per fortuna, non si registrano ancora focolai di Covid-19, data la situazione di partenza si tratterebbe di una vera tragedia”.