“Il Governo deve riconoscere il danno recato alle popolazioni indigene, che si trovano senz’acqua e senza poter pescare, tra l’altro nel momento della pandemia del Covid-19”. Lo afferma, intervistato dal Sir, il vescovo del vicariato apostolico di Aguarico, mons. Adalberto Jiménez Mendoza, a proposito del danno ambientale di proporzioni incalcolabili causato dalla rottura dell’oleodotto di Petroecuador e Ocp nella zona amazzonica del Paese, tra le province di Orellana e Sucumbíos. “Finora non è stato fatto nulla per rimediare, tutti ora parlano del virus e anche in tv è stato dato poco spazio alla nostra tragedia, si è fatto finta di non vedere il problema. Migliaia di persone sono senz’acqua, i pescatori sono senza lavoro. Un bambino che era sceso in acqua ha riportato danni gravi sulla sua pelle. L’unica risposta delle autorità è stata quella di far arrivare a ogni famiglia un bottiglione da 4 litri, che dura uno o due giorni. Noi, con i missionari e le loro cisterne di acqua piovana stiamo cercando di dare una risposta. Ma è necessario che il Governo intervenga”.
La tragedia ambientale, del resto, si aggiunge a una lunga storia di abbandono. “Nel centro dove vivo io, El Coca, quasi metà delle strade non è asfaltata – aggiunge il vescovo –. L’ospedale più vicino, a Roquefuerte, dista 300 chilometri. Un francescano che è anche medico mi diceva che non ci sono mascherine, non c’è alcol, c’è grande preoccupazione che si diffonda il Covid-19. E il nostro è un territorio continuamente depredato, per esempio dagli imprenditori del legname. Ma la preoccupazione del Governo che ogni anno ci manda una lettera, è che non prendiamo le foglie delle palme per fare la processione all’inizio della Settimana Santa”.
Conclude mons. Jiménez: “Papa Francesco, nell’esortazione Querida Amazonia, ci chiede di difendere le popolazioni e l’ambiente, la Chiesa deve essere impegnata in cause come questa”.