Nelle lunghe settimane del lockdown “abbiamo creato adolescenti sempre più digitalizzati e isolati, veri e propri ‘hikikomori'” che faranno molta fatica ad uscire dal loro rifugio per rientrare nella “normalità”. A lanciare l’allarme è in un’intervista al Sir Tonino Cantelmi, psichiatra e professore di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc). Ragazzi, spiega, che “si alzano la mattina un minuto prima di collegarsi con la scuola e mentre sono collegati mantengono attivi cellulare e social mandando e ricevendo messaggi, WhatsApp, post”. Dopo la scuola “si dedicano alla PlayStation e passano la notte guardando Netflix andando a dormire non prima delle 3 del mattino. Molti adolescenti hanno fatto per settimane questo tipo di vita”. “Per loro – afferma Cantelmi – sarà molto difficile lasciare la tana e riaffacciarsi sul mondo reale”. L’altra faccia della medaglia sono invece i giovani – e gli adulti – spinti dal desiderio di socialità a comportamenti incauti. Una modalità “legata alla perdita della percezione del rischio”, osserva lo psichiatra. “L’abbassamento del rischio percepito spinge a comportarsi come se il Covid-19 non fosse mai esistito. A torto si sono ritenuti – e si ritengono – al sicuro, come se il virus avesse operato una scelta selettiva prendendo di mira soprattutto anziani, malati, Rsa. Mantenere elevata la percezione del rischio in un momento come questo – chiosa lo psichiatra – è molto importante ma non è facilissimo. I giovani si sentono in qualche modo invulnerabili”. A loro si aggiungono “adulti – soprattutto single – che hanno vissuto con grande fatica l’isolamento forzato e tentano in qualche modo di esorcizzare la sofferenza subita, la paura e il senso di morte che ci hanno accompagnato in queste settimane”.