Set chiusi, festival saltati, film mai visti, sale sbarrate, professionisti senza impiego, progetti naufragati. Gli interpreti di questo racconto sono i protagonisti della cover story del nuovo numero della Rivista del Cinematografo (RdC). Un’inchiesta, ampia ed articolata, che dà voce ai rappresentanti della filiera cinematografica. Autori, produttori, distributori, esercenti, sceneggiatori illustrano lo “stato delle cose” del cinema italiano, dopo l’emergenza sanitaria: film pronti e in attesa di distribuzione (usciranno tutti?), fermi in post produzione, sospesi nel mezzo delle riprese, interrotti prima ancora di andare sul set. Con i protocolli di sicurezza e le condizioni poste dalle compagnie assicurative a determinare l’orizzonte degli eventi. E poi le manifestazioni, rimandate a data da destinarsi, congelate fino a nuove direttive oppure dirottate sul web, aspettando che si delinei il profilo della prossima edizione della Mostra di Venezia.
Tanti gli “addetti ai lavori” intervistati per fare chiarezza sulla situazione attuale. Tra questi, il decano dei produttori, Fulvio Lucisano: “Stiamo studiando le alternative provvisorie alla sala cinematografica, come le arene all’aperto o i drive-in”, rivela alla RdC. “La maggior parte dei film italiani vengono girati in estate, quindi il tema dei set interrotti appartiene prevalentemente alle serie”, spiega invece Nicola Maccanico (AD Vision Distribution).
La cover story raccoglie anche le testimonianze dei registi di queste produzioni in attesa, da Mario Martone (a cui mancano due settimane per completare “Qui rido io”, biopic su Eduardo Scarpetta) a Jonas Carpignano (sul set di “A Chiara”) fino a Michele Placido (che era in partenza con “L’ombra di Caravaggio”: “Potremmo forse rimandare fino a ottobre, da novembre le luci si fanno un po’ troppo soffuse per la nostra storia”).