Si è celebrata ieri, in un clima particolare per il contemporaneo processo di default e per l’emergenza da Covid-19, la festa nazionale dell’Argentina. L’arcivescovo di Buenos Aires, il card. Mario Aurelio Poli, ha presieduto il tradizionale Te Deum nella cattedrale metropolitana, senza la presenza di fedeli. Anche il presidente Alberto Fernández ha seguito la celebrazione dalla sua residenza, attraverso la televisione pubblica. Durante il Te Deum, come riferisce l’agenzia Aica, il porporato ha esortato a prendersi cura della vita e a preservare l’unità, osservando che in questi tempi di pandemia non c’è spazio per “speculare sui bisogni della gente” e per “scendere sul terreno di ideologie, posizioni partigiane o interessi settoriali”.
Il primate dell’Argentina ha ricordato che Dio è nominato nel preambolo della Costituzione e ha riflettuto a partire dalla parabola del buon samaritano, i cui testimoni sono visibili oggi – come afferma Papa Francesco – in seguito alla “globalizzazione della malattia” che colpisce il mondo.
Ha proseguito il card. Poli: “In questo momento, nel quale solidarietà, ospitalità e fratellanza riemergono come valori che ci identificano”, si tratta di “decidere della vita di tutti gli argentini e, quindi, è necessario preservare l’unità”.
Dopo il canto del Te Deum, c’è stata un’invocazione interreligiosa, alla presenza della rabbina Silvina Chemen, del pastore Wilma Rommel, del pastore ortodosso Joseph Bosch e di Abdel Nabi Alhifnawi. Quindi tutti insieme hanno cantato l’inno nazionale. Per la Chiesa cattolica erano presenti i vescovi ausiliari di Buenos Aires, mons. Joaquín Sucunza, e mons. Enrique Eguía Seguí, e il rettore della cattedrale, don Alejandro Russo.