“Prima di essere veri sacerdoti, è necessario essere veri diaconi, cioè servitori, persone che donano se stessi, gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio. Il diaconato non è da intendere come un servizio di subalternità al sacerdozio, ma di complementarità”. Così mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, si è rivolto a sei frati della Custodia di Terra Santa che ieri, nella città santa, sono stati ordinati diaconi. “La diaconia – ha sottolineato – è servizio gratuito, ed è parte costitutiva dell’identità sacerdotale. Senza di essa il sacerdote non è completo. Un sacerdote che non è anche diacono, che non ha nel suo Dna il desiderio di servizio gratuito e carico d’amore, potrà amministrare i sacramenti, potrà esercitare la potestà di governo nella Chiesa, ma non potrà essere davvero e fino in fondo come colui che si fa uno con il Cristo che dona la vita sulla croce. Potrà forse essere umanamente glorificato per le sue perfette strategie pastorali, potrà cambiare le strutture ecclesiastiche e chissà quant’altro, ma non potrà creare unità, così come Gesù e il Padre sono uno. Perché solo nell’amore che scaturisce dalla croce vi è la vera gloria cristiana, quella che crea unità con Dio e tra noi”. Da qui il monito: “Non dovete solo imparare a servire all’altare o sforzarvi di fare qualcosa di particolare. Si tratta, piuttosto, di assumere in voi il Suo stesso desiderio di dono e di vita, di saper vivere in perdita, senza calcoli. Essere diacono, insomma, significa imparare a stare sulla croce con lo stesso gratuito desiderio di oblazione che fu di Gesù. Solo se sarete diaconi in questo modo, in futuro sarete anche completi sacerdoti. La diaconia, il servizio di carità che non sia svolto per quanto possibile con lo stesso desiderio di carità che fu di Cristo, non produrrà alcun frutto”. Mons. Pizzaballa ha inoltre esortato i nuovi diaconi alla preghiera: “È uno degli elementi costitutivi del ministero che state per ricevere. Non è un’opzione, ma un impegno, perché per la Chiesa è chiaro che non si può esercitare il ministero senza pregare. Direi anzi che la preghiera è il primo modo di esercitare il ministero. La preghiera sincera, quella che vi introduce gradualmente all’intimità con Cristo, farà sì che diventiate non solo ‘distributori di servizi di carità’, ma persone che si fanno, che sono essi stessi carità, perché avrete il vostro cuore nel cuore di Cristo, nel nome del quale eserciterete il ministero”.