“È giusto andare a Capaci, all’albero Falcone, ma quelli sono luoghi di morte, questi servitori dello Stato bisogna ricordarli per quello che hanno fatto in vita”. Lo ha detto Giovanni Paparcuri, autista per diversi anni del magistrato Giovanni Falcone e custode del museo Falcone-Borsellino al primo piano del Palazzo di Giustizia di Palermo, intervenuto ieri sera nel capoluogo siciliano a un incontro dell’Azione Cattolica diocesana per commemorare le vittime della Stage di Capaci di cui ricorre oggi il 28° l’anniversario. “La password del computer del dottor Falcone, che conoscevo solo io, era ‘avanti’. Il messaggio è questo: andiamo avanti a ogni costo”, ha aggiunto. Paparcuri ha poi lanciato un messaggio, ricordando le vittime della strage: “Queste persone non sono ‘eroi’, perché, se le consideriamo tali, abbiamo l’alibi che quello che hanno fatto noi non possiamo farlo”. Guardando alla situazione di oggi, Paparcuri spiega che “il problema della mafia oggi sta nella disonestà degli amministratori, che poi fanno i paladini dell’antimafia: salgono su un palco e parlano di onestà dietro un microfono, ma poi prendono le bustarelle o fanno le estorsioni dietro le quinte. Così la mafia non potrà essere mai sconfitta”. “Quando un mafioso vede che anche un amministratore pubblico ruba, capisce che ha terreno fertile”.
Infine, a proposito della fede di Falcone, noto come ateo, Paparcuri ha affermato che “a modo suo, secondo me, era anche credente”. “Ogni volta che mi doveva ringraziare per qualcosa diceva ‘U Signuri ciù paga’ (il Signore ti ricompensi, ndr)”.