“L’esperienza che stiamo vivendo ci impone di ripensare più a fondo il nostro essere Chiesa e il nostro modo di evangelizzare”. Esordisce così mons. Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni, in una lettera a presbiteri e diaconi con cui propone una riflessione alla luce della pandemia. “Il primo virus lo abbiamo diffuso noi e si chiama peccato – scrive il vescovo di Velletri, proponendo spunti che partono dalle Scritture –. Gesù viene a condividere con noi la situazione di fragilità e sofferenza”. “Il virus ci ha ricordato che la nostra precarietà non ha distinzioni”, ma anche che la vita è “un dono ricevuto ogni istante e va donata”. Di fronte ai cambiamenti suscitati in ogni campo dalla pandemia, il presule sottolinea la centralità, nella vita di fede, della Parola e della famiglia”, sperimentando nuovi stili che, ad esempio portino ad “esperienze di collaborazione ecumenica”. Ritorna poi il tema della carità, facendosi prossimi sia spiritualmente sia con “nuove esperienze di solidarietà” di fronte alla conclamata crisi economica conseguente alla diffusione del virus Covid-19 sia con un’attenzione pastorale “costante e duratura” nei confronti dei malati. L’attività catechistica pre-coronavirus viene definita spesso come “non entusiasmante”, bisogna ripensarsi come comunità su ciò “che è davvero essenziale per noi nell’essere Chiesa”. Il testo del vescovo di Velletri si chiude con una richiesta di condivisione da parte del clero diocesano, su effetti e conseguenze per la pastorale delle “realtà che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo”.