“Sono veramente costernato nel sentire del licenziamento dei 190 lavoratori della Jabil, finanche il Governo ha cercato di raschiare il barile per trovare soldi – e speriamo che arrivino – per stare vicino alle persone. D’altro canto, l’emergenza non è ancora finita. Mi sembra veramente una bomba studiata a tavolino questa notizia del licenziamento”. Lo dice al Sir mons. Giovanni D’Alise, vescovo di Caserta e delegato della Conferenza episcopale campana per il settore Problemi sociali, lavoro e salvaguardia del Creato, commentando la notizia, diffusa oggi dalla Jabil, la multinazionale americana dell’elettronica, che dal 25 maggio procederà al licenziamento collettivo di 190 lavoratori dello stabilimento di Marcianise (in provincia di Caserta), dopo il fallimento dell’ennesima trattativa con i sindacati.
“Capisco le difficoltà delle imprese e di questa azienda in particolare, capisco anche che le proposte sono state fatte, ma vorrei chiedere in questo clima, con l’attuale situazione, com’è possibile fare una proposta che preveda di spostarsi senza certezza di lavoro, senza certezza di trovare casa o, addirittura, la possibilità di trovare accoglienza in altre regioni? Vuol dire che questa proposta vuol essere un’altra cernita per arrivare alle persone da licenziare”, afferma il presule, facendo riferimento a quanto sostenuto dalla multinazionale e cioè di aver offerto ai lavoratori la possibilità di una ricollocazione in altre aziende o l’esodo incentivato.
“Chiedo con forza alla direzione e alla proprietà della Jabil di riconsiderare la questione e di spostarla tra un paio di mesi – l’appello di mons. D’Alise – e, nel frattempo, di continuare il dialogo anche con chi non ha potuto accettare la proposta ponendosi una domanda: ma come si può accettare un licenziamento o, in alternativa, uno spostamento in un momento in cui viene a mancare anche il minimo? C’è stato bisogno anche della cassa integrazione, ma non basta: chiedo ai sindacati di essere interpreti delle esigenze dei lavoratori e di guidare una lotta ferma ma al tempo stesso pacata, nel rispetto della legalità e delle norme di sicurezza”.
“Conosco e comprendo le esigenze della proprietà e dei lavoratori, ma decidere di attuare dei licenziamenti, in un momento in cui veramente non c’è luce in fondo al tunnel per colpa dell’emergenza, mi sembra disumano. Oggi è come se stessimo nuotando in un pantano, nel quale si nascondono tante cose. Io, invece, vorrei tanto che ci fosse limpidezza, chiarezza, umanità e solidarietà”, chiede il vescovo.
La Chiesa, conclude il presule, “è sempre a fare la sua parte: innanzitutto, saluto e do il mio appoggio e il mio incoraggiamento ai lavoratori della Jabil. Le nostre comunità parrocchiali, poi, sono a disposizione laddove ci dovesse essere la necessità di un intervento con aiuti materiali alle famiglie in difficoltà per andare avanti”.