“Come vescovi calabresi intendiamo ancora una volta alzare la nostra voce ed esprimere la ferma condanna di tutte le situazioni di sfruttamento nella filiera agroalimentare e soprattutto del fenomeno del caporalato”. È quanto si legge in un comunicato stampa della Conferenza episcopale calabra. “La crisi dovuta alla pandemia, colpendo l’economia reale del Paese, ha fatto riesplodere nodi cruciali e problematiche che si trascinano da anni”, scrivono i vescovi. “Tra questi sono emerse in modo particolare alcune problematiche relative alla situazione dei braccianti agricoli, tra cui molti migranti, sfruttati, calpestati nella loro dignità, vittime soprattutto del fenomeno del caporalato”, un “male antico e sempre presente, magari sotto forme diverse nel tempo e spesso ignorato pur di non prendere la giusta posizione, la corretta scelta tra il bene e il male”. I vescovi evidenziano che “oltretutto il caporalato è nelle mani delle organizzazioni criminali, le quali utilizzano metodi mafiosi per il controllo del territorio”. Per questo, “la nostra condanna del fenomeno è forte e netta”. “In diverse circostanze – proseguono i presuli – abbiamo definito la mafia l’antivangelo, perché nega la libertà e la verità che ci sono state consegnate dal mistero pasquale della risurrezione di Cristo Gesù”.