Migranti: Unchr e Oim agli Stati europei, “far sbarcare 160 persone a bordo della Captain Morgan”

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) si stanno appellando a Malta e ad altri Stati europei affinché facciano sbarcare al più presto circa 160 rifugiati e migranti soccorsi in mare, ancora a bordo di due imbarcazioni della Captain Morgan. “È di fondamentale importanza che siano portate a terra quanto prima le persone restanti, a bordo da circa due settimane – il periodo standard di quarantena imposto dal Covid-19 – senza ancora alcuna certezza in merito allo sbarco. È inaccettabile lasciare persone in mare più a lungo del necessario, specialmente in condizioni difficili e inadeguate”, affermano le due agenzie delle Nazioni Unite. Le quali richiamano gli Stati “a onorare gli obblighi previsti dal diritto internazionale e ad assicurare assistenza immediata a quanti dovessero trovarsi in difficoltà. Tali obblighi non possono essere barattati con l’offerta di carburante e aiuti. Gli Stati devono fare ogni possibile sforzo per soccorrere tempestivamente le persone alla deriva, dal momento che perfino un ritardo di pochi minuti potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte”. “Le misure di salute pubblica, come i periodi limitati di quarantena obbligatoria, gli screening medici e il distanziamento fisico – precisano –, devono essere applicate senza discriminazioni e nell’ambito dei protocolli sanitari nazionali previsti. Gli Stati devono continuare a far sbarcare le persone soccorse in mare, in linea con gli obblighi derivanti dal diritto marittimo internazionale, e assicurare loro l’accesso alle procedure di asilo e all’assistenza umanitaria”. Unhcr e Oim esortano inoltre ad “adottare con urgenza un sistema ampiamente condiviso di redistribuzione post sbarco se si desidera effettivamente abbandonare il ciclo perpetuo di negoziati e di accordi ad-hoc che non fanno altro che mettere a rischio ulteriore la vita e la salute delle persone”. Ribadiscono poi “in modo inequivocabile che nessuna persona soccorsa in mare deve essere ricondotta in Libia”, perché “il Paese non può essere considerato un porto sicuro”.

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