“Abbiamo capito che nei mesi futuri ci saranno richieste in misura abbondante” sia la “resilienza” sia la “fortezza”. “È per questo che mi sembra assai importante seguire i passi di colui che è il forte e il paziente per eccellenza. ‘Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla’. Seguire questo Pastore significa entrare in una esperienza dove anche ciò che è più negativo diventa positivo: una strana operazione algebrica”. Lo scrive l’arcivescovo di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, mons. Giovanni Tani, nella sua nona lettera intitolata “E lo seguirono”.
“Siamo alla quarta domenica di Pasqua, chiamata del Buon Pastore. Gesù, come Buon Pastore, si prende cura di noi e noi lo seguiamo con fiducia, perché conosciamo la sua voce”, osserva l’arcivescovo, sottolineando come “anche in questi tempi difficili di pandemia egli è per noi guida esperta, perché ha mostrato grande fortezza nei cammini difficili della sua esistenza”. “Ci siamo resi conto, infatti, di aver bisogno di fortezza”, nota mons. Tani, spiegando che “la fortezza assieme alla giustizia, alla prudenza e alla temperanza è una virtù cardinale e ha due caratteristiche: quella di attaccare le difficoltà con decisione e con grinta; e quella di saper pazientare”. “Nei giorni che stiamo vivendo – prosegue – metterei tutti coloro che si danno da fare per combattere il virus negli ospedali e in tutti servizi sociali fra coloro che vivono una fortezza di attacco (anche a rischio della vita). Mentre gli ammalati, soprattutto i più gravi, sono, ovviamente, i pazienti. Ma lo sono anche coloro che soffrono per i loro cari che non ce l’hanno fatta o che ancora lottano per uscire dalla malattia”. “In questo richiamo alla fortezza – continua – ci siamo tutti e questi due mesi di ‘clausura’ ce l’hanno insegnato. Potrei usare anche una parola che viene usata con sempre maggiore frequenza, resilienza”. “Perché i mesi futuri dovrebbero essere solo problemi e fatica? Non potrebbero essere piuttosto una grande opportunità per una maggiore solidarietà, per correggere errori del passato, per far nascere nuove realtà?”, si chiede mons. Tani, certo che “per far questo sarà soprattutto necessario che ci attrezziamo di fortezza; e che diventiamo resilienti, per saper resistere con una certa elasticità agli urti, senza spezzarci”.