Il crollo dei consumi fuori casa con la chiusura forzata di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare nazionale con il valore dei mancati acquisti in cibi e bevande per la preparazione dei menu che fa perdere circa 7 miliardi nell’intero 2020. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti sugli effetti della riduzione del 33,3% dei consumi in bar e ristoranti stimata da Confcommercio per l’emergenza coronavirus. Il lungo periodo di chiusura e le prevedibili difficoltà alla ripartenza per tutto il 2020 – sottolinea Coldiretti – pesano su molte imprese dell’agroalimentare Made in Italy, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità. Da quando è cominciata la pandemia Covid-19 in Italia il 57% delle aziende agricole ha registrato una diminuzione dell’attività – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – con un impatto che varia da settore a settore con picchi anche del 100% come per l’agriturismo dove sono chiuse per le misure anti contagio tutte le 24mila strutture italiane. Una anticipazione dell’apertura è necessaria per gli agriturismi che, spesso situati in zone isolate della campagna in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono forse – sottolinea Coldiretti – i luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche. Con l’arrivo della bella stagione sostenere il turismo in campagna significa anche evitare il pericoloso rischio di affollamenti al mare e anche per questo – conclude Coldiretti – le strutture agrituristiche devono poter ripartire all’inizio di maggio riaprendo i cancelli della cascine, i percorsi naturalistici, le visite agli animali con la pet therapy e gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina dell’enogastronomia Made in Italy.