“Dal Secondo dopoguerra agli anni Duemila Michel Piccoli ha attraversato con grande classe e autorevolezza il cinema francese, italiano ed europeo tutto”. Dichiara così al Sir Massimo Giraldi, presidente della Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei, accogliendo la notizia della morte dell’attore parigino Michel Piccoli, all’età di 94 anni.
Nato il 27 dicembre 1925, Piccoli ha dato inizio alla sua carriera quasi in contemporanea con l’uscita dell’Europa dal Secondo conflitto mondiale. Si lega da subito a grandi autori del cinema d’Oltralpe come Jean Renoir (“French Cancan”, 1954). Ma a imprimere una svolta nel suo percorso sono le collaborazioni con gli esponenti del cinema nuovo francese, i registi sperimentali della nouvelle vague, come Jean-Luc Godard (“Il disprezzo”, 1963), Alain Resnais (“La guerra è finita”, 1965), Agnès Varda (“Josephine”, 1967) e Claude Chabrol (“L’amico di famiglia”, 1973). Negli stessi anni incontra, inoltre, il cinema di Luis Buñuel (tra i tanti titoli “Il diario di una cameriera”, 1964).
“Una seconda casa per Piccoli è senza dubbio il cinema italiano – rimarca ancora Massimo Giraldi –. L’attore francese si lega infatti a giovani autori in forte ascesa negli ’70-’80 come Marco Ferreri, Elio Petri e Marco Bellocchio”. Tra i film realizzati con Ferreri sono da citare “Dillinger è morto” (1969), “L’udienza” (1971) e “La grande abbuffata” (1972). Con Elio Petri gira “Todo modo” (1976), con Marco Bellocchio “Salto nel vuoto” (1980) e con Ettore Scola “Il mondo nuovo” (1982).
Se l’Italia lo accoglie a braccia aperte, la Francia non lo mette mai in secondo piano. Anzi. Nello stesso periodo diventa l’attore di riferimento di Claude Lelouch (tra i loro film è da ricordare “Viva la vita”, 1984) e Louis Malle (“Milou a maggio”, 1990). Lungo e importante poi è il sodalizio con il regista portoghese Manoel de Oliveira (“Ritorno a casa”, 2001).
Il film però che rappresenta la sintesi della carriera di Michel Piccoli e il suo congedo dal grande schermo è di certo “Habemus Papam” (2011) di Nanni Moretti, in concorso al 64° Festival di Cannes, opera che ha permesso a Piccoli di vincere il David di Donatello nel 2012 come miglior interprete. Su questo Giraldi sottolinea: “Complesso e sfaccettato è il personaggio del card. Melville sagomato da Piccoli, eletto al soglio di Pietro ma esitante, quasi ‘riluttante’ dinanzi alle responsabilità che il ruolo comporta. Michel Piccoli tratteggia il card. Melville con grande delicatezza e spessore, consegnando l’immagine di un uomo combattuto ma dallo sguardo luminoso, dal passo leggero”.