“In questa congiuntura, gli sfollati interni corrono un rischio maggiore di contrarre il virus, poiché vivono in situazioni di confinamento con un accesso limitato all’acqua e in contesti dove l’attenzione sanitaria è molto precaria”. A lanciare il grido di allarme è stata Amaya Valcárcel, coordinatrice internazionale di advocacy del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati (Jrs), intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che verrà celebrata il 27 settembre sul tema “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. Tracciando un quadro dell’ampia azione che il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati svolge in 56 Paesi, la relatrice ha segnalato in particolare la situazione in Siria e in Myanmar, la crisi umanitaria in Venezuela e i conflitti in Colombia e nella Repubblica democratica del Congo. “Il Covid-19 affligge in modo sproporzionato gli sfollati interni e si traduce in mancanza di ingressi, restrizioni di movimento, accesso ridotto ai mercati e alle terre e aumento del costo della vita”, ha detto l’esperta, secondo la quale “l’instabilità cronica e la natura ciclica dello spostamento hanno reso gli sfollati interni vulnerabili e incapaci di progettare soluzioni sostenibili”. “Gli sfollati interni devono essere inclusi nei piani nazionali per combattere il Covid-19 – l’appello – tramite l’accesso all’informazione, ai test e ai trattamenti. La crisi sociale ed economia prodotta dal Covid-19 può provocare una maggiore invisibilità e restrizione di accesso per le popolazioni sfollate”.