“Si è molto più responsabili per il bene che non si fa, pur potendolo fare, che non per il male che si fa”. Lo ha detto Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, intervenendo ieri al 37° corso di formazione nazionale del Progetto Policoro, in modalità e-learning. L’economista, dopo un’attenta analisi del momento storico e sociale attuale e gli insegnamenti che ne seguiranno, ha messo a confronto due prospettive per lo scenario socio-economico post-emergenza. La prima è quella del “modello dell’alluvione” cioè dell’”aspettare che la piena del fiume rientri, fortificandone gli argini e continuare come se nulla fosse accaduto”. La seconda è quella della “resilienza trasformativa” che “ha come obiettivo l’aumento della resilienza nei confronti della vulnerabilità”. “Essere resilienti vuol dire essere capaci di resistere o di contrastare le vulnerabilità che ci riguardano”, ha aggiunto, indicando la vulnerabilità come “la situazione di vita in cui si ha una probabilità superiore al 50% di cadere nella fragilità nell’arco dell’anno successivo”. La strategia suggerita è quella di “aumentare il tasso di resilienza applicando delle trasformazioni”.
Parlando ai 196 animatori di comunità, Zamagni ha quindi indicato nuovi modelli di ordine sociale e si è soffermato sul concetto di responsabilità: “Responsabile è chi si carica sulle spalle il peso delle cose, cioè il peso delle situazioni di vita in cui è inserito”, differenziando dal concetto di responsabilità inteso come “il rispondere in conseguenza alle proprie azioni, l’imputabilità”.