È sempre alta la tensione politica in Bolivia, Paese che vive una delicata transizione, prolungata dal diffondersi del coronavirus, in attesa delle nuove elezioni dopo l’annullamento di quelle dello scorso autunno e la caduta di Evo Morales. Il Consiglio boliviano dei laici interviene con un comunicato, pervenuto al Sir, dopo che domenica il presidente della Conferenza episcopale boliviana, mons. Ricardo Centellas, arcivescovo eletto di Sucre e amministratore apostolico di Potosí, aveva durante l’omelia criticato i ritardi con cui il Governo sta rispondendo all’emergenza Covid-19 e aveva affermato che quello attuale, presieduto da Jeanine Áñez, dovrebbe essere un Esecutivo di transizione. Invece, un Governo che “si preoccupa troppo di collocare la propria gente nelle istituzioni pubbliche non è un Governo di transizione”.
L’intervento del Consiglio boliviano dei laici è critico verso le varie parti politiche: “Chiediamo ai parlamentari del Mas (il partito socialista di Morales, ndr) di smettere di imporre posizioni politiche partigiane, lontane dalla realtà in cui viviamo, e di riflettere per garantire e far rispettare la nostra Costituzione, che ha il dovere fondamentale di proteggere la vita e salute di tutti i boliviani, al di sopra di ogni interesse politico”. Al tempo stesso, si chiede al Governo e alle altre istituzioni di continuare a garantire le misure preventive per affrontare la pandemia, “senza trascurare il servizio di aiuto a diverse famiglie boliviane”.
Ancora, “esortiamo quei gruppi sociali che causano confusione nella popolazione, a mettere da parte posizioni distorte”, lasciando da parte “gli interessi di partito o personali”. Netta contrarietà viene, poi, espressa contro il Governo e il decreto 4232, che dà il via libera alla possibilità di piantare semi transgenici, che secondo il Consiglio dei laici mette “a rischio la salute di un intero Paese”.
Una critica a un altro decreto, il 4231, è stata invece rivolta al Governo di transizione boliviano dall’alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, secondo la quale “il decreto supremo 4231 sulla diffusione delle informazioni durante la pandemia deve essere modificato in modo da non criminalizzare la libertà di espressione e renderla pienamente compatibile con gli obblighi internazionali dello Stato”.