Inquinamento, cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità e il deterioramento della qualità della vita umana: sono questi alcuni degli “inquietanti sintomi” che occorre rilevare nel mondo odierno per poi intervenire e decidere così che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi e soprattutto ai bambini che stanno crescendo. Insomma, “è urgente mettersi al lavoro per un pianeta che sembra andare in rovina e che dobbiamo affrettarci a curare prima che sia troppo tardi”. È stata questa la riflessione centrale di mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, che ha accompagnato la recita del Rosario di ieri sera dalla cappella della Madonna del Popolo in cattedrale. Un appuntamento fisso, questo del rosario, voluto dal vescovo, in questo tempo segnato dal coronavirus, e che ha preso il via lo scorso 11 marzo, anticipato ogni sera alle 21 dal suono delle campane per invitare le famiglie e i singoli alla recita. Il vescovo di Rieti, rileggendo l’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”, ha ribadito che “il grido della Terra è lo stesso grido dei poveri. Dinanzi a questi dati c’è però sempre qualcuno che fa il negazionista e nega perfino l’evidenza: un po’ come quelli che all’inizio della pandemia dicevano che era solo un’influenza, magari per paura di dovere interrompere le loro attività”. “Il punto è invece – ha concluso mons. Pompili – quello di non dimenticare la realtà e in particolare non dimenticare che noi stessi siamo terra e il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del nostro pianeta: la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora”.