Primi quattro casi di positività tra le popolazioni indigene del Venezuela. Le persone contagiate vivono nel municipio Río Negro, comune totalmente indigeno nello Stato dell’Amazonas, ai confini con il Brasile. Un fatto che conferma le preoccupazioni delle popolazioni native del Paese, che proprio in questi giorni si stanno organizzando per far sentire la loro voce in modo unitario. Lo spiega al Sir Johan Ramos, indigeno del popolo warao e tra gli animatori della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) nel vicariato apostolico di Tucupita (Stato del Delta Amacuro, ai confini con la Guyana). Parlando con lui si capisce quanto il Sinodo per l’Amazzonia abbia fatto sentire a queste popolazioni la vicinanza della Chiesa e quanto le abbia spinte a una pacifica lotta per i propri diritti. “In Venezuela – afferma – ci sono 43 popolazioni indigene. Le più numerose sono il popolo wayuu e il popolo warao. Sono presenti in sette Stati. Fino a ieri non c’erano contagiati, ma siamo molto preoccupati, anche per le situazioni in Brasile e in Guyana. Gli indigeni vivono in sette Stati venezuelani, spesso a contatto con settori di popolazione. Non si sono protocolli particolari, manca un’adeguata assistenza sanitaria, nelle località indigene non ci sono ambulatori e ospedali, manca del personale preparato”.
Sono pesanti anche le conseguenze di tipo sociale ed economico: “Noi indigeni viviamo spesso di pesca, di raccolta di frutta, viviamo di natura e all’aperto. Questa situazione di quarantena, che si aggiunge alla pesante crisi che vive il Paese, ha grosse conseguenze di carattere alimentare ed economico. Non dimentichiamo, inoltre, che molte persone native vivono di artigianato”.
Altra preoccupazione è il notevole numero di indigeni warao che sono emigrati in Brasile: “Si tratta, per quanto riguarda solo la nostra etnia, di 2.500-3.000 persone, che vivono fondamentalmente in tre località: Pacaraima, al confine, Boa Vista, capitale del Roraima, e Manaus, capitale dell’Amazonas”.
La scorsa settimana, Ramos ha sentito che non si poteva continuare così e ha cercato di contattare i leader indigeni delle varie popolazioni, per dare vita a una consultazione permanente attraverso WhatsApp. Il primo momento di ascolto reciproco e collettivo è avvenuto sabato e anche il Sir è stato invitato a prendervi parte. È emersa la volontà di parlare con una sola voce ed è in gestazione un comunicato. “È necessario che ci rialziamo, che ci svegliamo e che venga valorizzata la saggezza delle popolazioni indigene. Ma tutto parte dal sentire che la Chiesa ci è vicina e ci accompagna”.