“Per quanto lo stare in ginocchio sia la normalità per chi prega, stavolta il motivo è tutt’altro: solo la metà delle quattromila case dell’ospitalità religiosa in Italia è sicura di riaprire quest’estate. Il dato preoccupante emerge dal sondaggio effettuato tra il 9 e l’11 maggio dal portale ospitalitareligiosa.it”. Lo spiega, in una nota, Fabio Rocchi, presidente dell’Associazione Ospitalità religiosa italiana.
“Più di duecento strutture hanno deciso che almeno quest’anno non accoglieranno gruppi religiosi e turisti, per non mettere a repentaglio la salute di ospiti e collaboratori. Un altro centinaio ha già avviato le procedure per una chiusura definitiva. Una su tre sta aspettando l’evolversi della situazione per prendere una decisione”, prosegue Rocchi.
“È una situazione sconfortante che pesa sui 287.000 posti letto che il mondo religioso mette (o meglio metteva) quotidianamente a disposizione di tutti in case per ferie, istituti, ostelli, conventi, monasteri, foresterie e studentati. Un patrimonio culturale e sociale tipicamente italiano e ineguagliabile nel mondo – evidenzia Rocchi -. Eppure, nonostante i mancati introiti e le spese extra da affrontare per le sanificazioni, metà delle case che apriranno hanno deciso di mantenere invariati i livelli occupazionali di collaboratori e dipendenti, nonché di lasciare inalterate le tariffe, se non addirittura diminuirle per incentivare gli ospiti. E questo nonostante per il 2020 tre su quattro già prevedano perdite tra il 40 e il 90%”.
Ma cosa potranno fare queste attività senza un sostegno economico? “Ben poco, come tutti – sostiene il presidente dell’Associazione -. Le maggiori spese verranno dalla pulizia e sanificazione degli ambienti, dalla dotazione di dispositivi di protezione individuale e dalla riprogrammazione di tutte le zone comuni. A tutto ciò si aggiungeranno i minori introiti per il periodo di chiusura in corso, per la rarefazione dei posti letto e per una stagione estiva che non potrà raggiungere i livelli degli anni precedenti”.
Rocchi ricorda: “A differenza del sistema turistico alberghiero, queste strutture di ospitalità sostengono il peso economico delle attività caritatevoli di parrocchie, diocesi e ordini religiosi in Italia e nel terzo mondo: un danno durante il lockdown stimato in circa 5 milioni di euro al giorno che colpisce proprio i più poveri”. E conclude: “Senza provvedimenti mirati sarà ben difficile salvare questa millenaria tradizione di ospitalità del nostro Paese, fatta di amore per l’accoglienza e accettazione a braccia aperte del prossimo”.