“La decisione di chiudere i porti ci sembra particolarmente grave e sproporzionata, pur essendo noi al corrente del momento estremamente difficile che attraversa il nostro Paese essendo i nostri medici ed operatori impegnati quotidianamente nella lotta contro il Covid-19. Non sarebbe possibile trovare una soluzione che tenga conto sia dell’emergenza sanitaria nel nostro Paese sia della crisi umanitaria in corso in Libia? Noi crediamo di sì, se solo ci fosse la volontà politica”. Lo afferma oggi l’associazione Medici per i diritti umani (Medu), a proposito del decreto che dichiara che l’Italia non è più un porto sicuro per le navi straniere che nel Mediterraneo soccorrono i migranti, in conseguenza dell’emergenza sanitaria provocata dall’epidemia di coronavirus. Appena due settimane fa, il rapporto di Medu “La fabbrica della tortura” , basato su oltre tremila testimonianze dirette raccolte dal 2014 al 2020, ricordava all’opinione pubblica e ai decisori politici che la Libia è un Paese in guerra dove si consumano torture e crimini contro l’umanità su vasta scala contro migranti e rifugiati siano essi uomini, donne e bambini. “Il governo italiano – dichiarano – non ha certo bisogno di leggere il nostro rapporto poiché conosce perfettamente questa drammatica realtà”. Perciò chiedono al presidente Conte che l’Italia non si dimostri “gretta e vigliacca” in questo passaggio storico decisivo. L’altra questione incoerente è che “se da una parte i porti italiani vengono chiusi, dall’altra, per il governo non vi è alcun problema nel far lavorare gli immigrati nelle nostre campagne”. In altre parole il messaggio è: “porti insicuri, campagne sicure”. “È quanto ci sembra di capire – concludono −, dal momento che il governo italiano sta cercando di riaprire i flussi di lavoratori stagionali dalla Romania per evitare il tracollo della produzione agricola. Presidente Conte, non le sembra questa un’incoerenza che fa poco onore al nostro Paese?”.